
24 Mar Il viaggio fa scuola #1
Che sapore ha l’Erasmus?
L’aspetto positivo di ogni viaggio è che ci insegna qualcosa e ci restituisce la misura del nostro vero valore. Anche in tema di cibo, c’è tanto da imparare facendo l’Erasmus.
Che viaggio sarebbe senza cibo?
Di ogni esperienza, di vita o di viaggio, ci portiamo dentro odori, sapori, profumi, sensazioni e suoni. Il cibo è cultura, ci aiuta a capire le tradizioni dei popoli, le risorse e il clima di un territorio.
Quando ho fatto l’Erasmus in Spagna all’età di 22 anni, era la mia prima vera volta lontano da casa. Affrontavo una grande prova di crescita: uscivo dalla mia comfort zone. E questo includeva il fatto che avrei assaggiato — e perfino cucinato — di tutto.
Il mio Erasmus in Galizia
Sono partita a settembre del 2003 per il mio Erasmus in Galizia, all’Università di A Coruña, Facoltà di Giurisprudenza (dereito, in gallego).
L’obiettivo era quello di completare nei successivi sei mesi parte del mio piano di studi, sostenendo alcuni esami di diritto spagnolo che mi avrebbero riconosciuto al rientro, per raggiungere il traguardo della tanto agognata laurea. Non sapevo ancora che avrei fatto esperienze molto più formative di quanto possano essere gli esami universitari.
Una delle lezioni più importanti che ho imparato viaggiando è che nei confronti del cibo bisogna provare gratitudine e accogliere la diversità. Per forza di cose ho imparato ad assaggiare di tutto, scoprendo nuovi cibi o pietanze mai provati, e qualche volta mi sono dovuta accontentare di quello che trovavo.
Cibo e cultura
Del mio primo Erasmus ricordo le cene su tavolate lunghissime, la cucina fusion, la capacità di inventare un piatto con le poche cose rimaste in frigo. È stato allora che ho imparato a fare liste della spesa intelligenti, per la necessità di risparmiare.
Se dovessi riassumere la mia esperienza con il nome di alcuni piatti, questi sarebbero: pane e prosciutto Serrano, il caldo gallego per le giornate umide e fredde, il pepito de ternera, le tortillas di patate con queso Rocafort, il pulpo alla gallega. Il tutto servito insieme a una birra diluita con limonata, la Clara. E per dessert una tarta de queso e un cafè con leche.
Le notti che noi studenti e studentesse Erasmus trascorrevamo nei nostri appartamenti e nelle nostre stanze ci facevano sentire più vivi che mai, rendendo quell’esperienza memorabile ed eterna. Tutto questo era dovuto in gran parte al cibo, elemento di convivialità e di unione. Ciascuno di noi metteva in condivisione con gli altri un piatto del proprio paese di origine: uno scambio di tradizioni, sapori, ricordi familiari e tanta contaminazione. E poco importava se, al posto dei tovaglioli, a volte mettevamo in tavola la carta igienica!
Alla fine del viaggio… Berlino
Come succede a tanti, alla fine del mio viaggio in Spagna, ho avuto il mal d’Erasmus.
Volevo fare tutto per un’ultima volta, restare con gli occhi ben aperti affinché ogni esperienza si imprimesse indelebilmente nella mia memoria e nel mio cuore per sempre. Non volevo che tutto questo finisse e, così, nel 2016 sono partita con Erasmus per Giovani Imprenditori (E.Y.E.) alla volta di Berlino.
Grazie a questo programma ho avuto la possibilità di fare uno scambio con un imprenditore affermato per poi poter mettere a terra i mie progetti di lavoro e di business. Così è nata la mia Europabüro, lo sapevi?
A Berlino, cliché e immaginari turistici sulla Germania lasciano il posto all’esperienza diretta che sfata alcuni miti: i tedeschi sono spesso associati alla puntualità, all’ordine e alla distanza. Non sempre è così. Per fortuna! Berlino ne è la prova. Ma quale freddezza, noia o grigiore?!? La città, piena di verde e circondata d’acqua — il toponimo Berlino deriva da una parola di origine slava, brlo, che significa palude — è un exploit di colore. Per i tedeschi, dei simpaticoni, essere troppo precisi e puntali non è cool. E quanto al cibo, ti assicuro che in Germania c’è molto di più che Kartoffeln e Wurst.
L’odore di carne speziata del Kebab di Mustafa riempie le mie narici mentre sono in fila sulla Merighdamm, cuore pulsante di una Kreuzberg che amo; il rosso del curry e del giallo senape del noto street-food berlinese, il Currywurst, attirano il mio sguardo (sapevi che questo piatto ha ispirato anche un noto romanzo di Uwe Timm, Die Entdeckung der Currywurst: Novelle?); la freschezza del gelato d’inverno mista al sapore caldo di un caffè, appena torrefatto in una delle tante Kaffeerosterei di Berlino (a proposito, devi sapere che Berlino è la capitale tedesca del caffè), accendono il mio palato; il cioccolato fondente e il succo dei frutti di bosco freschi di una torta da Dilekerei sporcano le mie mani mentre ne addento un pezzo.
Berlino per me è anche tutto questo: il suo cibo, come una madeleine tedesca, mi riporta in sella a una bicicletta sulle strade dei vari quartieri berlinesi.
Il ritorno: Palermo, mon amour
Il bello dell’Erasmus è che poi finisce e torni a casa con un bagaglio invisibile fatto di tante esperienze che restano vive nella memoria. Per risvegliarle e riviverle, può bastare un sapore o un odore. Ecco che ti rivedi in una caffetteria affollata di Barcellona a sorseggiare cioccolata calda e a mangiare churros fritti ricoperti di zucchero a velo o al ristorante, a Berlino nel Florakiez, ad assaporare uno Schnitzel fragrante con purea di patate.
È già da un po’ che sono di nuovo a Palermo: adesso faccio su è giù da Berlino, la mia nuova casa d’elezione che ha diviso il mio cuore.
Il mio ritorno in Sicilia sa di sfincione, Marsala e pane che profuma di lievito madre. Sospiri di Monaca, cassata e caffè fatto con la moka accompagnano le mie giornate. Cibo che nutre la mia anima e il mio corpo, che mi dà sollievo quando torno da un lungo viaggio o che mi consola quando sono lontana e sento il bisogno di ritrovare un po’ di casa.
E tu raccontami, che sapore ha il tuo Erasmus? Che gusto, profumo, odore ti ricorda? Che cibo mangi quando senti nostalgia di casa?
Fammelo sapere nei commenti.
Chi scrive
Sono Valentina Cassarà. Sono nata e cresciuta nel sud d’Italia, in Sicilia, vicino Palermo. Della mia infanzia ricordo il profumo del mare, della terra che brucia, il sapore dell’estratto di pomodoro lasciato asciugare al sole e furtivamente leccato con un dito, della merenda con pane, burro e zucchero, della sensazione appiccicosa sulle mani di acqua e farina mentre imitavo le zie e la nonna nel fare la pasta e il pane in casa.
Dubbi esistenziali?
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